La linea è particolarmente sottile. Ai fini dell’ammissibilità al credito d’imposta ricerca e sviluppo, che presenta l’aliquota di agevolazione maggiore, assumono infatti rilevanza quelle attività di R&S che perseguono un progresso o un avanzamento delle conoscenze o delle capacità generali in un campo scientifico e tecnologico, e non solamente il semplice progresso o avanzamento delle conoscenze e delle caratteristiche proprie di una singola impresa.
Secondo la circolare del MISE finalizzata a chiarire tale definizione rientrano tra le attività di R&S:
Tutte quelle attività che invece riguardano lo sviluppo e l’implementazione di nuovi prodotti e nuovi processi rientrano nell’ambito dell’innovazione, comprese quelle attività connesse alla brevettazione, alle ricerche di mercato, alle attività di start-up e di riprogettazione (redesign).
Pertanto, le attività riguardanti lo sviluppo di software applicativi e di sistemi informativi aziendali basati su metodi conosciuti e strumenti software esistenti, così come la customizzazione di prodotti per un particolare uso rientrano tra le attività escluse dal campo della ricerca e sviluppo. Allo stesso modo non ne fanno parte le attività di introduzione di tecnologie all’avanguardia quali l’intelligenza artificiale, le tecnologie di big data analytics per l’applicazione di tecniche di machine learning e cognitive marketing, tecnologie che applicano la cosiddetta realtà aumentata e così via.
Il rischio di incorrere in accertamenti del Fisco ed eventuali sanzioni non è banale né tantomeno trascurabile (i contenziosi in atto risultano essere molteplici). Basti pensare che un’apposita convenzione regola la collaborazione tra l’Agenzia delle entrate ed il MISE per la realizzazione di valutazioni di carattere tecnico sull’ammissibilità di specifiche attività oltre che all’appropriatezza dei costi sostenuti.
L’Agenzia delle Entrate ha recentemente emanato una circolare precisando che i soggetti interessati, possono richiedere autonomamente un parere sulla natura innovativa delle attività al MISE, limitandosi poi a conservarlo senza dover presentare per il medesimo motivo un interpello all’Agenzia delle Entrate (che dovrebbe invece ricevere esclusivamente quesiti inerenti questioni di carattere fiscale).
Gli aspetti sanzionatori riguardano l’indebita fruizione del credito e sono differenti se si considera il caso in cui il credito non è spettante o quando invece è inesistente.
Nella prima casistica l’imprenditore può aver erroneamente calcolato un credito d’imposta in misura superiore rispetto a quello effettivamente spettante e rischia una sanzione pari al 30% del credito utilizzato. Nel caso di credito inesistente invece (come ad esempio quando un progetto viene imputato come attività di ricerca e sviluppo, ma non ne ha i requisiti innovativi) viene applicata una sanzione che va addirittura dal 100% al 200% del credito richiesto.
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